Il tempo dei saluti, quelli più o meno sentiti, è finito. Con l’ultima a San Siro salutiamo, con poco trasporto e con troppe ferite ancora aperte, questa stagione. Una stagione sotto certi aspetti travagliata, sotto altri, maledetta.
Contro una Salernitana ormai retrocessa da mesi, a cui andrebbe dato senza dubbi il titolo di “rovina feste” ( chiedere ai napoletani ), l’ultimo Milan di Pioli resta fedele a stesso, concludendo la stagione recitando lo stesso spartito che ci ha accompagnato negli ultimi dieci mesi: tanti gol fatti, ma altrettanti subiti, senza avere una vera idea di gioco.
Salutiamo una stagione, come già detto, travagliata, per i troppi risultati altalenanti e per gli obiettivi stagionali, inevitabilmente mancati, tutti. Maledetta, perché costellata ancora una volta da una miriade di infortuni che tanto spesso hanno costretto l’ormai ex allenatore a lavorare di fantasia ( forse troppa ) per tentare di schierare la migliore formazione possibile.
Doveroso il saluto a Stefano Pioli, artefice della rinascita rossonera dopo anni di anonimato, che chiude, come da sua stessa ammissione, un ciclo. Un ciclo che forse, nell’immaginario di molti tifosi e addetti ai lavori, era già finito da qualche tempo.
Salutiamo, in ultimo due grandi uomini, oltre che due professionisti esemplari e immensi campioni di questo sport.
In primis Olivier Giroud. Il bomber dello scudetto. Colui che ha esorcizzato la maledizione della numero 9, restituendo al Milan e a tutti i milanisti un bomber di razza, che ha saputo lasciare il segno, in campo ma soprattutto nei cuori di tutti noi. Lascia così come si era presentato, con un gol “alla Giroud”, girandosi e insaccando in rete l’ultima perla in rossonero. Invocato da San Siro con il “suo” coro, visibilmente emozionato nei saluti finali, ha firmato in modo indelebile una delle pagine più belle della storia di questo club.
Infine salutiamo Simon Kjaer. Arrivato un po’ per caso, quasi nel silenzio di un freddo gennaio del 2020, con l’aggravante di essere stato uno dei pochi che non ha reso sotto la gestione di Giampiero Gasperini, ( e la cosa non faceva propriamente ben sperare ). Ma Simon ha saputo dimostrare di poter dare ancora tanto a questo sport, ma soprattutto al Milan, prendendo in mano le redini della difesa rossonera e rendendola quasi invalicabile per un certo periodo di tempo, mettendo al servizio dei compagni di reparto, la sua grinta e la sua esperienza, sia in Italia che in Europa.
Al Milan, a prescindere da quello che il mercato ci porterà in dote il prossimo anno, mancherà la personalità, l’esperienza e la grande umiltà di questi immensi campioni.
E quindi, il tempo dei saluti è terminato, è il momento di voltare pagina. Una pagina che il gruppo di lavoro avrà l’onere di scrivere nelle primissime battute, consapevole ( si spera ) che l’umore generale, ribadito a gran voce dalla nostra curva ieri, non è dei migliori, e che servirà ben altro per riportare entusiasmo ad un popolo che troppo presto ha smesso di gioire dopo anni bui.
Ma forse, il percorso che la proprietà RedBird aveva delineato, una volta insediatasi in Via Aldo Rossi, era questo dopotutto. Il posto in Champions, l’occhio sempre attento ai costi, il bilancio in attivo, i fatturati in aumento, l’accordo di programma per lo stadio che procede come da piani, il merchandising che conquista subito con % di vendite della nuova “home jersey 2024/25” vertiginose, i mercati USA e italiani. Se poi, nel mentre si dovesse vincere qualcosa, tanto di guadagnato.
Un Milan, appunto sempre più made in USA, che spesso, in maniera troppo “americana” ha rilasciato comunicati e dichiarazioni ( vedasi comunicati di giugno 2023 ) o che ha dimenticato o tardato di congratularsi con le avversarie per le loro vittorie. Andando di fatto contro quello che è sempre stato un mantra di questo club, ed in cui ognuno di noi si è sempre orgogliosamente rispecchiato, il caro e vecchio “Stile Milan”.
Il Milan non può e non deve essere questo. Sono il nostro dna, la nostra storia a dirci che questo club e questi tifosi hanno il diritto di ambire a ben altri obiettivi.
Obiettivi che passeranno inevitabilmente dalla scelta del prossimo allenatore, il quale avrà l’arduo compito di riportare entusiasmo, agonismo e sete di vittoria in una squadra che troppo spesso negli ultimi anni si è accontentata di partecipare, senza mai dimostrare veramente di poter raggiungere gli obiettivi, anche minimi, a cui un club come il Milan deve ambire ogni anno.
Chiudo con un ultimo saluto, quello che non si è ritenuto opportuno omaggiare con un minuto di silenzio e/o con il lutto al braccio, per il leggendario Karl-Heinz Schnellinger, arcigno terzino sinistro tedesco del Milan, 9 stagioni in rossonero e più di 250 presenze con la nostra maglia, tanto da essere inserito nella hall of fame. Ti sia lieve la terra, Volkswagen.